Circolazione dei veicoli con targa estera: le norme

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Divieti, documentazione necessaria, sanzioni amministrative, eccezioni: la guida completa

 

La guida, partendo dal divieto di circolazione imposto dal Decreto Sicurezza 2018, elenca tutte le eccezioni illustrando la documentazione da esibire in sede di controllo, le sanzioni previste e i casi particolari dei lavoratori stagionali e della residenza cd. “normale”.

 

Il divieto di circolazione, con veicolo immatricolato all’estero, per chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni

 

Il cd. Decreto sicurezza 2018 (Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge, con modifiche, dalla Legge 1° dicembre 2018, n. 132), ha modificato l’articolo 93 del Codice della strada, così sancendo il divieto, per chi abbia stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all’estero. Lo stesso articolo 93 prevede, altresì, le eccezioni a tale divieto, e quindi il divieto di circolazione con veicoli muniti di targa estera, per i soggetti residenti in Italia, non opera qualora sia stato stipulato un contratto di:

leasing,

noleggio senza conducente,

comodato.

 

Consegue che, il soggetto residente nello Stato italiano, il quale si renda responsabile della violazione del divieto imposto dal Codice della Strada, circolando con un veicolo munito di targa estera, rischia pesanti sanzioni:

 

multa da 712 a 2.848 euro,

divieto di circolazione,

confisca amministrativa qualora, entro il termine di 180 giorni, il veicolo non venga immatricolato in Italia, ovvero non sia richiesto il rilascio di un foglio di via,

multa da 250 a 1.000 euro, nel caso ove il veicolo sia in comodato bensì a bordo non viene portato il documento che ne attesti la disponibilità. In tale specifico caso il documento deve essere esibito nel termine di 30 giorni.

 

L’elemento “residenza”

 

Il presupposto principale del divieto di condurre un veicolo immatricolato all’estero riguarda l’elemento della “residenza anagrafica” del conducente. Al fine della sussistenza del divieto non ha rilevanza la circostanza che il conducente possegga anche una seconda residenza in un ulteriore Stato appartenente all’Unione Europea, o anche fuori l’Unione Europa. Ciò che fa fede è, unicamente, la residenza da più di 60 giorni nei registri anagrafici dello Stato italiano, come pure la residenza di cui all’articolo 118 bis del Codice della Strada (si veda, nel proseguo, la Circolare del Viminale in tema di residenza “normale”).

 

Le eccezioni al divieto di circolazione

 

La deroga, indicata al comma I ter, concerne l’ipotesi di veicolo:

concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio Economico Europeo, che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva;

concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo, che non ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva.

 

In estrema sintesi, l’unica possibilità, per un cittadino italiano o straniero che sia, di guidare in Italia un veicolo immatricolato all’estero, nonostante la residenza anagrafica italiana da più di 60 giorni, riguarda i veicoli intestati ad un’impresa UE o con sede nello Spazio Economico Europeo, e non avente sede secondaria in Italia o comunque altra sede effettiva. I veicoli in questione devono essere stati concessi: in leasing, in locazione senza conducente, oppure in comodato d’uso.

 

La documentazione da esibire in sede di controllo

 

A ciò si aggiunga che la deroga opera a condizione che a bordo del veicolo sia custodito un documento da esibire agli organi di controllo, firmato dall’intestatario del mezzo e munito di data certa, dal quale risultino sia il titolo che la durata della disponibilità del veicolo. In difetto della descritta documentazione, la disponibilità del veicolo viene presunta in capo al conducente del mezzo.

 

Le sanzioni amministrative e il fermo del veicolo con targa estera

 

Il residente in Italia da oltre 60 giorni, che si renda responsabile della violazione del divieto di guidare veicoli con targa estera, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di:

€ 712,00 pagamento in misura ridotta,

Riduzione 30% per pagamento entro 5 gg. € 498,40,

€ 1.424,00 pagamento trascorsi 60 gg.

 

In conseguenza dell’accertamento della violazione in esame è previsto il ritiro del documento di circolazione e la sua trasmissione all’ufficio della Motorizzazione Civile competente per territorio.

Al trasgressore viene ordinata l’immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio.

Nell’ipotesi ove il soggetto trasgressore non versi, immediatamente, l’importo previsto per il pagamento in misura ridotta, oppure non versi l’importo previsto a titolo di cauzione, il veicolo viene sottoposto al fermo amministrativo fino all’avvenuto versamento dovuto, o comunque al massimo per 60 giorni.

Scaduto il fermo amministrativo, il veicolo viene riconsegnato al trasgressore (previo pagamento delle spese e relativi oneri) che lo dovrà custodire secondo le regole e la procedura dettate dall’articolo 213 C.d.S., con la precisazione che, qualora non provveda al ritiro decorsi 5 giorni dalla data di comunicazione del deposito nel sito web della Prefettura-UTG competente, il mezzo sarà trasferito in proprietà al custode-acquirente.

 

La confisca amministrativa

 

Qualora, entro il termine di 180 giorni decorrenti dalla data della violazione, il veicolo non sia immatricolato in Italia ovvero non sia richiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo oltre confine, si applica la sanzione accessoria della confisca amministrativa ai sensi dell’articolo 213 C.d.S., salvo che il veicolo estero appartenga a persona estranea all’illecito amministrativo.

 

Le condizioni per ottenere il dissequestro del mezzo

 

Nella finalità di ottenere il dissequestro del veicolo, l’avente diritto dovrà esibire, all’organo che ha elevato il verbale di contestazione, i nuovi documenti di immatricolazione ovvero, qualora intenda esportare il veicolo, il foglio di via di cui all’articolo 99 del C.d.S. In tale ultimo caso il dissequestro decorre dalla data di esibizione del documento.

 

Le sanzioni per chi circola con il veicolo sequestrato

 

Se durante il decorso dei 180 giorni il veicolo che si trova soggetto a sequestro viene sorpreso a circolare, il conducente, o chi per esso, verrà punito con la sanzione amministrativa che va da euro 1.988 a euro 7.953 e, a tale sanzione, può aggiungersi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.

 

Le altre sanzioni

 

Nell’ulteriore ipotesi ove, a seguito del rilascio del foglio di via di cui all’articolo 99 C.d.S., ne vengano violati i limiti e/o le condizioni stabilite, opera la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 41 a euro 168, oppure da euro 25 a euro 99, qualora la violazione riguardi la mancata apposizione della targa provvisoria o la mancata custodia, a bordo del veicolo, del foglio di via.

 

Le ulteriori esclusioni dal divieto

 

Sono esclusi dal divieto (secondo quanto precisato dal Ministero Infrastrutture e Trasporti nella Circolare n. 2233 del 24 gennaio 2019) anche i conducenti dei veicoli con targa:

 

CC (Corpo Consolare),

CD (Corpo Diplomatico),

EE (Escursionisti Esteri),

AFI (Forze americane in Italia).

 

I lavoratori stagionali e la residenza cd. “normale”

 

A seguito dell’entrata a regime della disciplina contenuta nel decreto sicurezza 2018, che come esplicitato, aveva modificato l’articolo 93 del Codice della strada, stabilendo il divieto, per chi abbia stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all’estero, appena un semestre dopo è arrivato un aggiustamento interpretativo, ad opera del Viminale, attraverso la circolare pubblicata il 4 giugno 2019.

 

Tale documento contiene alcune importanti precisazioni:

 

i soggetti residenti anagraficamente in ulteriore stato membro dell’UE, che si trovano in Italia per svolgere attività lavorative stagionali, e che conducono i veicoli nella loro disponibilità immatricolati all’estero, decorsi 185 giorni di permanenza in Italia, possono acquisire la residenza “normale” secondo le norme comunitarie in materia,

“diversamente da quanto indicato (..) la residenza normale non può ritenersi equiparata alla residenza anagrafica risultante dall’iscrizione ai registri di un Comune”. Ne discende che il titolare di residenza normale in Italia può condurre il veicolo immatricolato all’estero del quale dispone a qualunque titolo, salvo che non acquisisca la residenza anagrafica. Ciò posto, ulteriormente discende che il presupposto per l’applicazione del divieto assoluto di conduzione in Italia è la residenza anagrafica del conducente, quale risulta dai documenti di identità e si applica sempre a chi risiede in Italia da più di 60 giorni,

per i cittadini europei non si fa riferimento alla residenza normale, per l’effetto il divieto non si applica nei confronti delle persone aventi residenza all’estero che lavorano o collaborano in modo stagionale con imprese sedenti nel territorio dello Stato e che hanno residenza temporanea o normale in Italia,

alla data di emanazione delle medesima circolare, era in corso di predisposizione una modifica normativa, anche finalizzata a risolvere le questioni insorte coi residenti in San Marino o nella città del Vaticano.

 

Quando ricorre la “residenza normale”

 

L’articolo 118 bis del C.d.S. (titolato “Requisito della residenza normale per il rilascio della patente di guida e delle abilitazioni professionali”, statuisce che, ai fini del rilascio di una patente di guida o di una delle abilitazioni professionali (di cui all’articolo 116 C.d.S.), nonché dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 126 C.d.S., per residenza si intende la residenza “normale” in Italia di cittadini di Stati membri dell’Unione europea o dello

 

Spazio economico europeo. Più specificamente, per residenza normale in Italia si intende:

 

il luogo, sul territorio nazionale, in cui una persona dimora abitualmente, vale a dire per almeno centottantacinque (185) giorni all’anno, per interessi personali e professionali o, nel caso di una persona che non abbia interessi professionali, per interessi personali, che rivelino stretti legami tra la persona e il luogo in cui essa abita;

il luogo, sul territorio nazionale, in cui una persona, che ha interessi professionali in altro Stato comunitario o dello Spazio economico europeo, ha i propri interessi personali, a condizione che vi ritorni regolarmente.

 

La norma specifica inoltre che:

 

tale condizione non è necessaria se la persona effettua un soggiorno in Italia per l’esecuzione di una missione a tempo determinato,

la frequenza di corsi universitari e scolastici non implica il trasferimento della residenza normale,

ai fini dell’applicazione delle disposizioni del C.d.S., è equiparato alla residenza normale il possesso della qualifica di studente nel territorio nazionale, per almeno sei mesi all’anno.